Se nell’era digitale i contratti fossero una serie TV, la privacy sarebbe quel personaggio apparentemente secondario, ma che quando entra in scena fa tremare l’intera trama. Sì, perché tra la rapidità delle comunicazioni online, la firma elettronica e la necessità di raccogliere dati personali, la gestione corretta della privacy è diventata una vera star. In questo articolo parliamo di come impostare le clausole sui dati personali all’interno di un contratto digitale, rispettando le regole del GDPR e, soprattutto, la fiducia dei clienti.
1. Perché preoccuparsi della privacy nei contratti digitali?
Avete presente quella vocina in testa che, ogni volta che raccogliamo dati dei clienti, ci sussurra: “Ma sei sicuro di poterlo fare?” Ecco, quella vocina è la nostra coscienza (o il Garante della Privacy, a seconda di come la vogliate vedere). Nel mondo dei contratti digitali, si incontrano quotidianamente questioni come:
- Tracciamento degli utenti in ambito e-commerce;
- Firme elettroniche con servizi online;
- Sottoscrizione di abbonamenti “as a service” (pensiamo a software o consulenze);
- Scambio di dati personali via piattaforme cloud;
Se un tempo la preoccupazione maggiore era la posizione geografica per una firma di persona, oggi la firma digitale, il trattamento di dati sensibili e il consenso al trattamento dei dati fanno ballare la conga in un documento che, in teoria, dovrebbe essere “snello e agile”.
La buona notizia? Con un po’ di organizzazione e qualche accortezza legale, possiamo gestire il tutto in modo virtuoso, a prova di sanzioni e con un tocco di professionalità che piace tanto ai clienti.
2. Cosa impone il GDPR sui contratti digitali?
Il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR) obbliga chiunque tratti dati personali di cittadini europei a rispettare alcuni principi cardine: liceità, trasparenza, finalità, minimizzazione, esattezza, limitazione della conservazione, integrità e riservatezza.
Quando questi principi si traducono in clausole contrattuali, occorre assicurarsi che:
- Si informino correttamente gli interessati (ovvero i nostri clienti, utenti, collaboratori) su quali dati raccogliamo, perché lo facciamo e per quanto tempo.
- Si ottenga un consenso valido quando necessario (ad esempio, per trattamenti non strettamente legati all’esecuzione del contratto).
- Si rispettino i diritti degli interessati, come quello di accedere ai dati, chiederne la rettifica o la cancellazione.
- Si adottino misure di sicurezza adeguate, perché anche un colabrodo vestito bene rimane sempre un colabrodo.
Se vi sembra tutto molto serio, in realtà lo è: le sanzioni GDPR possono arrivare fino al 4% del fatturato annuo mondiale o 20 milioni di euro, a seconda di quale cifra sia più elevata. Insomma, meglio non improvvisarsi “smemorati” sulla protezione dei dati.
3. Clausole essenziali: quali non possono mancare
Sappiamo che i contratti digitali possono essere brevi come una pagina o lunghi come un romanzo russo. Qualunque sia la vostra preferenza di scrittura, se all’interno si toccano i dati personali, ecco le clausole che dovreste inserire:
- Oggetto e finalità del trattamento
- Tipologia di dati trattati
- Base giuridica del trattamento
- Conservazione dei dati
- Soggetti terzi e sub-responsabili
- Diritti dell’interessato
- Clausola di responsabilità e misure di sicurezza
- Luogo del trattamento e trasferimenti extra-UE
4. Esempi pratici: quando la clausola fa la differenza
- E-commerce con mailing list: se vendete un prodotto e volete aggiungere il cliente alla newsletter, non potete farlo “tanto per”. Serve una clausola (o un checkbox) separata dove l’utente accetti (o rifiuti) esplicitamente di ricevere aggiornamenti.
- Saas “Software as a Service”: il contratto con cui fornite il vostro software in abbonamento deve prevedere come gestite i dati caricati dai clienti sul vostro sistema, la conservazione degli stessi, la sicurezza delle comunicazioni tra client e server e le responsabilità in caso di data breach.
- Contratto di consulenza con firma digitale: se usate piattaforme di firma elettronica, specificate quali dati vengono richiesti e come vengono memorizzati i file firmati. Eventuali dati biometrici devono essere trattati con massima attenzione (in molti casi servono misure aggiuntive).
5. La firma digitale è un optional, la privacy no
Molti confondono la firma elettronica (o digitale) con la complessità del contratto. In realtà, si puo’ firmare digitalmente un documento, ma avere comunque clausole scadenti o mancanti sotto il profilo della privacy.
- Verificate la piattaforma di firma: assicuratevi che sia conforme agli standard europei (eIDAS) e che preveda un trattamento dei dati in linea con il GDPR (chi conserva i file firmati? In quali server?).
- Aggiungete un “richiamo privacy“: spesso le piattaforme di firma presentano un link a un’informativa. Integrate questo passaggio con le vostre clausole nel contratto, per evitare buchi normativi.
6. Le sanzioni non sono un film horror, ma quasi
Non vogliamo fare terrorismo psicologico, ma ricordiamo che sono diverse le aziende multate per clausole privacy lacunose o per l’assenza di un consenso adeguato. E non parliamo solo di giganti del web, ma anche di piccole realtà che si sono dimenticate di essere trasparenti.
Curiosità: Una piccola attività online è stata sanzionata per non aver fornito informazioni chiare sui tempi di conservazione e aver costretto gli utenti ad accettare l’invio di newsletter, senza spunte separate. Morale della favola? Essere piccoli non basta come scusa.
7. Conclusioni: un contratto ben scritto è la miglior difesa
In sintesi, redigere un contratto digitale senza considerare il GDPR è un po’ come uscire di casa senza chiudere la porta a chiave. Magari non succede nulla, ma se succede (oltre alle sanzioni, se ne va la fiducia dei clienti) poi sono dolori.
Alcuni step fondamentali:
- Prevedete un paragrafo dedicato alla privacy o un allegato che costituisca parte integrante del contratto;
- Differenziate le finalità (esecuzione del servizio vs. marketing);
- Date la possibilità di esprimere consensi separati;
- Mantenete traccia dei consensi e gestiteli in modo da poterli modificare o revocare;
- Siate trasparenti su fornitori terzi, tempi di conservazione e, in generale, su tutto ciò che riguarda il trattamento dei dati.
Il cliente (o utente) si sentirà più tutelato e avrà, di conseguenza, maggiore fiducia nella vostra professionalità. E in un mercato sempre più digitale, la fiducia è un valore a peso d’oro.
Se vuoi approfondire la stesura di clausole su misura per la tua attività o hai dubbi su come integrare il GDPR nei tuoi contratti digitali, continua a seguire il mio blog: troverai altri suggerimenti e novità normative che potrebbero fare al caso tuo.
E per finire…
Ricordate: la privacy non è solo un obbligo di legge, ma un modo di lavorare che dimostra rispetto per le persone e per le loro informazioni. E se un domani i vostri contratti digitali diventassero un esempio virtuoso, beh… forse ricevereste meno email di reclamo e più richieste di collaborazione. Non suona niente male, vero?
Buona redazione di clausole 😉